Presentata al MANN la mostra “Sing Sing. Il corpo di Pompei” del fotografo Luigi Spina
Presentata al MANN la mostra “Sing Sing. Il corpo di Pompei” del fotografo sammaritano Luigi Spina miglior fotografo dell’anno 2020 secondo la rivista Artribune.
Dai reperti alla vita, duemila anni fa come oggi. Dal 21 gennaio al 30 giugno 2022 il Museo Archeologico Nazionale di Napoli presenta la mostra “Sing Sing. Il corpo di Pompei” di Luigi Spina. All’intero progetto fotografico è dedicato il volume omonimo pubblicato da 5 Continents Editions.
Prevista per il 2020 e rinviata a causa dell’emergenza Coronavirus, l’esposizione raccoglie all’interno delle sale della Villa dei Papiri una selezione di cinquanta fotografie in bianco e nero che tracciano un itinerario di ricerca tra le celle dei depositi Sing Sing del museo, finora inaccessibili al pubblico, alla scoperta della vita quotidiana che animava le città vesuviane.
C’è tutto il campionario dell’esistenza, dai vasi alle anfore, piatti candelabri e ciotole, maniglie e specchietti, pezzi bruciati di pane antesignani delle nostre rosette e altri alimenti, lucerne e padelle, statuette ninnoli e decori. Tutto spezzato all’improvviso.
Dopo il precedente viaggio fotografico di “Diario mitico”, dedicato alla colossale bellezza dei capolavori della Collezione Farnese, Luigi Spina torna così al MANN con un nuovo progetto espositivo che svela l’aura dei depositi segreti del museo e ne raccoglie le emozioni che accompagnano il percorso di studio e di successiva valorizzazione, a cura della direzione e dello staff scientifico del museo. L’esposizione, infatti, prelude a una nuova politica di accessibilità pubblica dei depositi museali.
La mostra è stata presentata al MANN oggi 21 gennaio 2022 dal Direttore del Museo Paolo Giulierini, dal fotografo Luigi Spina, dall’editore e fondatore di 5 Continents Editions Eric Ghysels, dal regista e autore di Rai Radio 3, Diego Marras.
Il racconto fotografico “Sing Sing. Il corpo di Pompei” inizia dove il pubblico che affolla le sale delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli non può accedere, svelando l’inaspettato che si cela sotto i tetti dell’istituzione museale napoletana.
Una porta in ferro funge da Colonne d’Ercole nel lavoro di Luigi Spina. Una volta aperta ci si affaccia su un corridoio lungo e stretto: gli occhi devono adattarsi alla luce. Ci troviamo in quello che da sempre viene chiamato Sing Sing: celle chiuse da grate che custodiscono memoria dei documenti di cultura materiale provenienti da Pompei ed Ercolano.
L’obiettivo di Luigi Spina si sofferma sugli manufatti in bronzo, vetro, ceramica e terracotta che riempiono tali stanze richiamando alla mente la catastrofica eruzione del 79 d.C.che spezzò improvvisamente la quotidianità di quei luoghi. Le sue fotografie ci conducono a scoprire le celle e il loro contenuto. Sulle mensole si affastellano candelabri, decorazioni e maniglie, statue, vasellame, lucerne… Fino a giungere a del pane carbonizzato.
Racconta Luigi Spina: “Guardando il pane carbonizzato, intatto, ho immaginato il panettiere che lo fece quella notte: non ebbe più un giorno. Penso a quel pane che conserva intatto il desiderio della vita. Mi aggrappo al corpo di Pompei come se fosse il mio”.
Il tutto diventa testimonianza ancora viva e carica di significato di quell’olocausto naturale, dove l’intervento del Dio Vulcano comportò una tragedia senza precedenti.
Il volume che accompagna la mostra, edito da 5 Continents Editions, è corredato dai testi di Paolo Giulierini, João Vilela Geraldo, Davide Vargas e Luigi Spina.
Luigi Spina è fotografo. I suoi principali campi di ricerca sono gli anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali, il confronto con la scultura classica, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore (Giorgio Buchner).
Ha pubblicato oltre 22 libri fotografici di ricerca personale e ha realizzato prestigiose campagne fotografiche per Enti e Musei. Fra i volumi pubblicati, in diverse lingue e distribuiti in tutto il mondo, si citano il progetto sul Foro romano, L’Ora Incerta, Electaphoto (2014); The Buchner Boxes (2014), Le Danzatrici della Villa dei Papiri (2015), Diario Mitico, Cronache visive sulla collezione Farnese (2017), Sing Sing (2020), Canova. Quattro tempi (2020), I Confratelli (2020), tutti editi da 5 Continents Editions; Volti di Roma alla Centrale Montemartini per Silvana Editoriale (2019).
Tra le istituzioni culturali nelle quali ha esposto si segnalano: Museo Archeologico di Napoli; Musei Capitolini di Roma; Museo Campano di Capua; Galleria San Fedele, Milano; Museo MADRE, Napoli; Palazzo dell’EUR, Roma; Reggia di Caserta; MACRO, Roma; Galerie Patrick Mestdagh, Bruxelles; MIAFAIR Milano; Postermostra, Lisbona, Kranj, Slovenia; Gallery of Fine Art Uzbekistan. Sue opere sono conservate ed esposte, in permanenza, al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Aeroporto di Capodichino, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La rivista Artribune lo ha nominato miglior fotografo dell’anno 2020.
Paolo Giulierini, archeologo, si è laureato in Etruscologia e Antichità italiche (1993) e si è specializzato in archeologia classica (1996) presso l’Università di Firenze, dove poi ha svolto anche attività didattica. Dopo aver ricoperto varie cariche direttive in istituti culturali toscani, dal 1° ottobre 2015 è stato nominato Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli per un primo mandato quadriennale, rinnovato, nello scorso luglio, sino al 2023.
Come Direttore del MANN, ha progettato e curato la riapertura delle sezioni Egizia, Epigrafica, Magna Grecia e Preistoria (quest’ultima, nuovamente visitabile nel 2020). Durante il suo primo mandato, sono state realizzate numerose mostre di materia archeologica e di arte contemporanea al MANN; molteplici i prestiti internazionali con cui sono state progettate importanti esposizioni all’estero. Ha curato, tra l’altro, la stipula dei protocolli d”intesa con l’Ermitage di San Pietroburgo, il J.P. Getty di Los Angeles, il Parco Archeologico del Colosseo e la Regione Sicilia. Ha favorito una nuova comunicazione del brand museale, tramite la realizzazione del primo videogioco archeologico (“Father and son”) ed il programma universitario di disseminazione culturale “Obvia”.
Nel 2017, Artribune ha riconosciuto il MANN come miglior museo d’Italia per l’innovazione; nel 2018, sempre Artribune ha insignito Giulierini come miglior direttore d’Italia.
È stato direttore ad Interim del Parco Archeologico dei Campi Flegrei (febbraio 2018-maggio 2019).
João Vilela Geraldo, nato nel 1976 in Portogallo, un Paese che all’epoca si era appena lasciato alle spalle i colori grigi e deprimenti della dittatura e lentamente, molto lentamente, si stava avviando verso una piena democrazia, è stato abbastanza fortunato da avere dei genitori che sognavano in grande e che avevano la possibilità di viaggiare. Questa è stata, ed è tuttora, una delle sue cifre stilistiche. Tra la libertà esotica del Brasile e del Venezuela negli anni ’80, e l’atteggiamento intraprendente e pragmatico degli USA, dove ha sviluppato la sua mentalità da adolescente, João finisce per studiare in Italia, poi nei Paesi Bassi e infine nel Regno Unito. Il suo primo lavoro, quasi inaspettatamente, lo porta a consolidare le sue “abilità” di giramondo occupandosi dello sviluppo del portfolio e della gestione di clienti prestigiosi per la compagnia aerea più importante al mondo, per poi passare all’aviazione privata, un settore in cui rimane fino a quando il suo spirito di avventura lo riporta in Brasile, in Argentina e in Sudafrica. Tornato in Europa per gestire “richieste impossibili”, realizza un progetto unico nel suo genere, «Make it Happen», che lo impegna al Circolo polare artico e in Giappone, tra svariate notti insonni e problemi da risolvere. Successivamente si occupa di logistica e produzione per i fotografi più prestigiosi al mondo, quindi inizia a curare le sue prime mostre e progetti editoriali con illustratori, designer, architetti e altre figure creative. È socio fondatore di alcuni dei principali festival di design e fotografia europei e continua a viaggiare per il mondo con la stessa curiosità e la stessa impazienza che i suoi genitori trovavano leggermente difficile da gestire (e contrastare).
Davide Vargas è un “letterato architetto”. I suoi progetti sono incastonati in una terra che “offre continui spunti di dolore e amore”. Ma la difficoltà, si sa, è un’opportunità per disvelare e immettere semi di qualità nella realtà. La Casa per Studenti di Aversa e il Municipio di San Priscosono stati al Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia nel 2010; l’Azienda Vinicola Sclavia al Padiglione Italia nel 2012; Casa F ha vinto il premio IN/ARCH Campania nel 2015, la Casa a Righe ha la pelle solcata come le viti maritate che attraversano le campagne e l’opificio Nardi si colloca come un segnale nell’ambito industriale casertano. Pubblicato nel 2014 Opere e Omissioni_Works and Omissions (letteraVentidue) raccoglie il lavoro di trent’anni. Nel 2009 ha pubblicato Racconti di qui. E nel 2012 Racconti di architettura con lo stesso editore. L’altra cittàconclude la trilogia dei racconti parlanti. Nel 2010/2011 ha collaborato con la Domus diretta da Alessandro Mendini. Dal 2017 scrive per ‘la Repubblica-Napoli’ un racconto con disegno sulla città in una rubrica settimanale che si chiama “Narrazioni” approfondendo la conoscenza de L’altra città.
da Comunicato stampa