Intervista a Ferruccio Spinetti

Ferruccio Spinetti

Intervista a Ferruccio Spinetti

Il contrabbassista degli Avion Travel e Musica Nuda, direttore artistico del premio Bianca D’Aponte

 

L’incontro del Capua il Luogo della Lingua live streaming con Ferruccio Spinetti, contrabbassista, compositore e docente di contrabbasso jazz al Conservatorio di Perugia, parte da una domanda che fa riavvolgere il nastro di una carriera da raccontare a poche ore, si spera, dalla ripresa delle attività bloccate da oltre un anno e mezzo di emergenza Covid-19. Dove eravamo rimasti?

 

“Io personalmente sono rimasto al 23 febbraio 2020, l’ultima volta che sono salito su un palco. Ero con Petra Magoni in provincia di Bologna e avevamo appena fatto le prove del suono per un concerto che sarebbe iniziato di lì a poche ore. Era domenica intorno alle 17, e noi avremmo dovuto suonare alle 18, quando è arriva l’ordinanza della regione Emilia-Romagna che interrompeva ogni tipo di esibizione live con effetto immediato. A quel punto siamo usciti dal teatro, tra persone che attendevano la nostra esibizione e invece ci vedevano andare via. Abbiamo spiegato quello che stava succedendo anche se poi, in realtà come tutti, in quei momenti abbiamo capito ben poco di quanto stesse succedendo e soprattutto quanto tutto questo sarebbe durato. Ed è di poche ore fa la polemica di Fedez che, al concerto del primo maggio, ha sostenuto una cosa giustissima a mio avviso: a prescindere dal Covid resta il fatto che la legge italiana che regola il mondo della musica e dello spettacolo risale al 1940, ed è urgente oggi più che mai capire che chi fa il musicista, chi fa l’attore, chi si occupa di arte,  fa un lavoro vero e proprio e come un lavoratore deve essere considerato”.

 

Un anno difficile che ha messo in stand-by tante cose da riavviare domani. Prima tra tutte la celebrazione dei quarant’anni degli Avion Travel. Ma chi sono gli Avion Travel per te?

“Sono una famiglia. E dei 40 anni di vita degli Avion Travel, 30 sono stati i miei. Sono entrato nel gruppo nel 1990, e avevo vent’anni. Partecipe di un piccolo miracolo di provincia, nato un po’ per gioco tra amici di classe al liceo Giannone di Caserta. Amici come Peppe Servillo, Peppe D’Argenzio, Mario Tronco che poi approda e vince inaspettatamente Sanremo nel 2000. Da lì la realizzazione di colonne sonore per film, concerti in tutta Italia ed all’estero, senza mai rinnegare il nostro suo punto di forza, ossia la musica live. Ed è questa storia che, da giugno prossimo, racconteremo in concerto in giro per l’Italia”. A partire da quel Sanremo rock vinto nel 1987 e dall’incontro con un personaggio mitico come Lilli Greco, produttore discografico, compositore, musicista e arrangiatore che ha scoperto talenti del calibro di Paolo Conte e Francesco De Gregori. Fu lui che disse a questa banda di scalmanati casertani che, se volevano fare questo da grandi, dovevano trovare un proprio linguaggio musicale andandolo a cercare proprio nelle radici italiane; equindi non scimmiottare i gruppi anglosassoni ma fare una musica dove il 50% del testo fosse importante quanto il restante 50% di musica. Seguendo questi piccoli/grandi consigli di Lilli è nato il primo disco “Bello sguardo”, e poi tutto il resto fino a Sanremo del 2000″.

 

Poi nel 2003 arriva “Musica Nuda”, il duo con Petra Magoni per solo contrabbasso e voce. Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta oggi per te questo progetto?

“Anche questa per me è famiglia. Un dialogo più intimo rispetto a quello con gli Avion Travel, e profondamente connotato dall’improvvisazione. Con Petra abbiamo festeggiato più di 1500 concerti​ tra Italia, Francia, e resto del mondo. E tra gennaio e febbraio 2020 avevamo messo in scena un’altra follia, ossia uno spettacolo teatrale ispirato alla Turandot completamente riscritto per noi da Marta dalla Via, una bravissima attrice e regista di Vicenza, e avevamo 35-40 repliche che pure sono state fermate dal Covid. Speriamo di riprendere presto anche questo progetto, una scommessa molto apprezzata dalla critica di pubblico e stampa nonostante il rischio di riportare in scena la storia della Turandot con un duo di contrabbasso e voce. In più per la prima volta io e Petra avevamo un aspetto drammaturgico nel senso di un copione recitato tra dialoghi e sketch alquanto comici”.

 

La tua espressione artistica, profondamente emotiva, passa anche attraverso “InventaRio”. Cos’è per te questo viaggio?

“E’ amore per la musica brasiliana. Nel 2009 con Giovanni Ceccarelli, pianista con il quale nel 2019 ho registrato anche il disco “More Morricone”, siamo arrivati a Rio de Janeiro grazie a Max De Tomassi, conduttore di Radio Uno e profondo conoscitore della musica brasiliana. Lì abbiamo incontrato tra gli altri Dadi Carvalho, cantautore nonché bassista e chitarrista, e con lui, insieme a Francesco Petreni, batterista di Siena, creammo il gruppo InventaRio. Facemmo il nostro primo disco di inediti nel 2010, creando questa “mistura” tra nuance italiane, da Caserta, Siena, Parigi, Riode Janeiro, con la partecipazione di artisti italiani e brasiliani quali Petra Magoni, Pacifico, Marisa Monte ed Ivan Lins. Quest’ultimo due anni dopo ci chiese di fare un disco insieme, tutto dedicato alla sua musica. Lins partecipa come cantante e pianista al progetto registrato a Siena, con tutte le sue canzoni riarrangiate e soprattutto riadattate alla lingua italiana, napoletana e inglese. Il cd è stato poi pubblicato anche in Brasile e candidato ai Grammy Awards del 2014″.

 

Nell’ultima parte dell’intervista Ferruccio Spinetti si racconta nella sua veste di direttore artistico del Premio Bianca D’Aponte, eredità impegnativa ricevuta dal compianto Fausto Mesolella, e il suo rapporto con i giovani talenti anche in veste di docente di “contrabbasso jazz”.

Un momento prima di salutare il pubblico, invitando tutti ad esserci ai concerti dal vivo da qui a breve, Ferruccio Spinetti annuncia la promozione live del disco “More Morricone” dedicato alla musica di Ennio Morricone, registrato a Parigi nel settembre 2019 quando nulla lasciava presagire che sarebbe diventato un tributo post mortem al Maestro.

“Nelle nostre intenzioni c’era quella di fare ascoltare il lavoro al maestro Morricone, e ci siamo andati vicinissimo considerato che un suo caro amico doveva consegnargli il cd a marzo. Poi c’è stata la pandemia e, nel frattempo, il destino ha deciso di porre fine alla sua straordinaria vita. Quello che resta è la grande sfida che io e Giovanni Ceccarelli avevamo voluto affrontare, ossia quella di raccontare il maestro non come al solito, ossia da grande orchestra, ma in una dimensione piccolissima, minimale, solo pianoforte e voce o contrabbasso e pianoforte. Insomma ritornare alla radice “canzone”, e oggi voglio credere che gli sarebbe piaciuta”.