AUSMERZEN di Marco Paolini, una riflessione di Ottavio Mirra
“Ausmerzen ha un suono dolce e un’origine popolare. E’ una parola di pastori, sa di terra, ne senti l’odore.
Ha un suono dolce ma significa qualcosa di duro che va fatto a marzo. Prima della transumanza, gli agnelli, le pecore che non reggono la marcia vanno soppressi”.
Nel giorno della memoria ho scelto questo libro/reportage di Marco Paolini che descrive un’altra strage, meno nota ma non meno drammatica, compiuta dalla follia nazista.
E’ la storia di uno sterminio di massa conosciuto come AKTION T 4.
T 4 sta per via del Giardino Zoologico n. 4, un indirizzo di Berlino presso cui si trovava una clinica. Un edificio grazioso, abbastanza grande ma non enorme, circondato da un parco, silenzioso e sobrio. In quel luogo, e in un altro ad esso collegato, furono uccisi per lo più d’inedia e/o avvelenati e poi passati per il camino più di trecentomila essere umani classificati Ausmerzen, ovvero vite indegne di essere vissute.
“Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali e continuarono a morire anche dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito”.
L’idea ispiratrice fu l’eugenetica (in voga già nell’ottocento con Galton e Lombroso), materia che studiava l’ereditarietà dei caratteri, misurava i crani e le percentuali di delinquenti nelle carceri divisi per gruppi etnici.
L’Eugenetica, lungi dall’essere una scienza, della quale ne rivestiva solo i paramenti, era un’idea, un principio ispiratore in cui medici, inventori, filosofi, politici e infine un dittatore, trovarono la giustificazione per decidere sulla pelle altrui in nome del bene della nazione, della razza, della società, del quieto vivere, della sicurezza, della decenza. Il confronto con le poche forze chi vi si opponevano vide prevalere le idee teorizzate in un libretto intitolato “Il permesso di annientare vite indegne di essere vissute”, scritto da un medico e un giudice, le cui parole d’ordine, ripetute come un mantra, ebbero la meglio sulla sempre più scarsa e disorientata pattuglia di oppositori.
Così frasi brevi e incisive come: soppressione dei deboli, parassiti del popolo, mangiatori inutili, finirono per convincere un popolo già provato dagli stenti e che la crisi del ventinove aveva portato sull’orlo del baratro. Uno dei manifesti più in voga negli anni trenta mostrava un infermiere giovane e bello che teneva amorevolmente la mano appoggiata su un uomo, brutto e quasi scimmiesco. Il testo scritto metteva in risalto una cifra, il costo in denaro per mantenere quell’uomo brutto. In un altro manifesto, un operaio reggeva sulle spalle stanche due uomini dai lineamenti imperfetti e vagamente cattivi.
“Quando c’è crisi e si ha paura per il futuro, non si è disponibili a dividere le scarse sostanze con chi viene presentato come parassita”.
Fu così che nel 1933 venne approvata la legge che istituiva la sterilizzazione obbligatoria per tutti quelli che erano fuori dai parametri. Se ne contarono quattrocentomila. La sterilizzazione, diceva la propaganda, è una soluzione scientifica a un problema scientifico. Poi non bastò più e nel 1939 il grande salto: andava eliminato chi rallentava la marcia. Si cominciò con i neonati con disabilità, poi via via bambini e adolescenti classificati come pazzi, disturbati o presunti tali. In nome del bene supremo della nazione, si accettarono danni collaterali, facendoli apparire come un costo ragionevole.
Ausmerzen è un viaggio nell’orrore descritto con termini secchi, realistici, senza concessioni o particolari riguardi. E’ un pozzo profondo e nero al cui interno Paolini ci costringe a guardare, a non voltare la faccia a non essere indifferenti. Con una scrittura efficace e potente, ci descrive la follia di un popolo, di un’intera generazione.
“Gli uomini – dice Paolini – impazziscono in gruppo e rinsaviscono uno alla volta, ma ci vuole tempo e il
compiersi di una tragedia”
Ausmerzen è una lettura forte e per niente rassicurante. Chi sono, ci si chiede, gli Ausmerzen di oggi?
Gli ultimi, i deboli, quelli che scappano da guerre e carestie? Quanti, nel mondo, sono considerati solo un fastidioso costo sociale e dunque indegni di avere salva la vita?
Marco Paolini (1956), attore, autore e regista. Noto al grande pubblico per Il racconto del Vajont si distingue quale autore e interprete di narrazioni di forte impatto civile (I-TIGI racconto per Ustica, Parlamento chimico, Il Sergente, Bhopal 2 dicembre ’84, U 238, Miserabili) e per la capacità di raccontare il cambiamento della società attraverso i dialetti e la poesia sviluppata con il ciclo dei Bestiari. Appassionato di mappe, di treni e di viaggio, traccia i suoi racconti con un’attenzione speciale al paesaggio, al suo mutarsi e alla storia (come nel Milione). Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Stile libero Ausmerzen. A fine 2012, per Einaudi Stile libero Video, è uscito il cofanetto di Ausmerzen (DVD dello spettacolo + Taccuino di lavoro); sempre per Einaudi Stile Libero, è uscito nel 2013 Itis Galileo (con il DVD dello spettacolo registrato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e trasmesso su La7 il 25 aprile 2012) e, nel 2017, con Gianfranco Bettin, Le avventure di Numero Primo. Artigiano e manutentore del mestiere di raccontare storie, sa portare quest’arte antica al grande pubblico con memorabili dirette televisive seguite da milioni di telespettatori.
Ottavio Mirra vive a Capua, in provincia di Caserta. E’ padre di due figli, velista e avvocato, il tutto rigorosamente in quest’ordine. Ama leggere. Nel 2016 ha vinto i premi letterari Racconti nella Rete e Terre di Lavoro – Racconti dal presente. Nel 2018 invece è stato selezionato tra i primi venticinque nell’ambito del premio letterario Zeno e tra i primi cinque per il premio Nautilus. Suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie. Dal porticato (2019, Il seme bianco) è la sua raccolta d’esordio