Ettore Fieramosca
(Capua, 1476 – Valladolid, 20 gennaio 1515) Eroe della Disfida di Barletta alla cui figura, eretta in epoca risorgimentale a simbolo del valore nazionale, si ispira il romanzo storico Ettore Fieramosca di Massimo d’Azeglio del 1833
Filippo Palizzi, “Ettore Fieramosca”, 1856 , olio su tela, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
Appartenente alla nobile e antica famiglia dei Fieramosca o Ferramosca, Ettore nacque a Capua nel 1476 da Rainaldo, barone di Rocca d’Evandro, e da una nobildonna non meglio identificata, e che secondo alcuni studiosi era appartenente alla casa dei Cariolato.
Dalla sorella Porzia , sposata ad un nobile teramano, Giovanni Battista Leognani († 1531), barone di Civitaquana e Ginestra, discende la famiglia Leognani Fieramosca (o Leognani Ferramosca) estinta nelle famiglie Tribuni Ricci, baroni Forcella di Atri (da cui le famiglie Clemente di Notaresco, De Sanctis-Rosati di Monteprandone, De Filippis Delfico, De Sanctis Martellacci di Teramo), Leopardi baroni di Civitaquana e Ginestra, Valignani duchi di Vacri, Castiglione marchesi di Poggio Umbricchio, ed altre.
Ricevuta un’educazione umanistica, Fieramosca fu presto avviato alla carriera militare e introdotto come paggio alla corte di Ferrante d’Aragona.
Nel 1493, ancora giovanissimo, aveva già il comando di una compagnia di balestrieri a cavallo, con la quale combatté contro Carlo VIII per Ferdinando II che seguì anche dopo la sconfitta.
Ristabilito il trono di Ferdinando II e poi in seguito alla morte di quest’ultimo, Fieramosca passò al servizio del nuovo sovrano Federico IV che seguì all’assedio di Gaeta nel novembre del 1496. Nel 1497 combatté nelle Marche, inviato dal sovrano ad Ascoli per sedare una ribellione, dove si distinse nella difesa del castello di Offida.
Nel 1501, il cavaliere capuano difese la sua città natale dall’assedio dell’esercito francese che, d’accordo con quello spagnolo in virtù di un accordo diplomatico segreto tra Luigi XII e Ferdinando d’Aragona, si spartiva il regno aragonese ai danni di Federico I di Napoli; questi, sconfitto e oramai consapevole dell’inutilità di ogni ulteriore resistenza, trattò la sua resa rinunciando al trono, in cambio del Ducato di Angiò francese e accompagnato oltralpe da pochi nobili restatigli fedeli e scortato da un drappello di cavalieri comandati dal Fieramosca.
Dopo questi eventi, considerato un traditore dai suoi concittadini, il Fieramosca, privato nel 1502 delle sue rendite nobiliari, tornò in Italia aggregandosi alle bande di Prospero Colonna, al seguito di Consalvo da Cordova, per occupare la Puglia, prima con l’espugnazione di Taranto e successivamente con l’occupazione di Andria, Canosa, Manfredonia e Barletta.
Acquartieratosi nella città di Barletta, il Fieramosca partecipò a spedizioni e a modeste imboscate condotte dagli spagnoli. Fu proprio a causa di una di queste imboscate che venne fatto prigioniero il cavaliere francese Charles de Torgues, detto La Motte, che aizzato dagli spagnoli accusò apertamente di codardia i cavalieri italiani al soldo del nemico, tra i quali il Fieramosca, sfidandoli a duello. Così il 13 febbraio 1503 tredici cavalieri italiani, guidati dal Fieramosca, e altrettanti cavalieri francesi, guidati da La Motte, si scontrarono a duello nella famosa Disfida di Barletta che vide i primi come vincitori.
Dopo la Disfida, Ettore Fieramosca partecipò nell’aprile dello stesso anno alla battaglia di Cerignola e poi a quella di Gaeta.
Nel 1504, insignito del titolo di cortigiano del Re, Fieramosca si recò in Spagna a capo di una delegazione per reclamare alcuni privilegi per la città di Capua dinanzi al sovrano Ferdinando II di Aragona che non solo accordò le richieste ma conferì al nobile capitano il titolo di conte di Miglionico e signore di Aquara.
Ma, finita la guerra franco-spagnola nel sud Italia, il Fieramosca fu privato da Consalvo da Cordova dei titoli appena concessigli poiché, nominato viceré del Regno di Napoli, quest’ultimo avviò un processo di normalizzazione e di restituzione dei possedimenti perduti ai vecchi feudatari in cambio della loro fedeltà. Fieramosca, perso il feudo di Miglionico e il castello di Roccadevandro, rifiutò l’indennità di 600 ducati annuali, opponendo resistenza e preferendo farsi imprigionare piuttosto che subire il sopruso.
Rimastagli solo la contea di Mignano, il Fieramosca cercò nel 1510, come ritorsione nei confronti degli spagnoli, di passare al servizio della Repubblica di Venezia. Nel 1512 passò al servizio di Fabrizio Colonna e partecipò alla battaglia di Ravenna dove fu gravemente ferito. Dopo la guarigione il Fieramosca raggiunse Ancona per mettersi al servizio del viceré di Napoli, Raimondo de Cardona.
È da questo momento in poi che del cavaliere capuano non si hanno più notizie. Giunto a Valladolid, sede della corte del re di Spagna, muore a causa di una malattia il 20 gennaio 1515 all’età di 39 anni.
Influenza culturale
Alla sua figura, eretta in epoca risorgimentale a simbolo del valore nazionale, si ispira il romanzo storico Ettore Fieramosca di Massimo d’Azeglio del 1833
e le sue rielaborazioni cinematografiche: Ettore Fieramosca del 1915 diretto dai registi Domenico Gaido e Umberto Paradisi, l’omonimo Ettore Fieramosca film propagandistico del 1938 interpretato da Gino Cervi e diretto da Alessandro Blasetti e in chiave più ironica ne Il soldato di ventura del 1976 diretto da Pasquale Festa Campanile, in cui il condottiero è interpretato da Bud Spencer.
Il compositore Vincenzo Ferroni gli dedicò il dramma lirico Ettore Fieramosca (1896).
Col suo nome furono varate nel 1850 la pirofregata, appartenente alla Real Marina del Regno delle Due Sicilie e in seguito incorporata dalla Regia Marina, nel 1888 l’ariete torpediniere e nel 1926 il sommergibile.
Palazzo Fieramosca a Capua