Ferdinando Palasciano

Ferdinando Palasciano

(Capua, 13 giugno 1815 – Napoli, 28 novembre 1891) è stato un chirurgo e politico italiano, considerato uno dei precursori della Croce Rossa.

 

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Ferdinando Palasciano  nacque il 13 giugno 1815 a Capua da Pietro, segretario comunale proveniente da Monopoli, in Puglia, e da Raffaella Di Cecio.

 

Compiuti i primi studi presso il seminario di Capua, si laureò in belle lettere e in veterinaria; in seguito in medicina e chirurgia, a Messina, il 27 giugno 1840. Il suo primo lavoro, Sopra le zoppie per la distrazione nei grandi animali domestici (Napoli 1837), indica già il suo interesse per l’ortopedia, cui si sarebbe dedicato anche da medico. Fu allievo di Pietro Ramaglia, medico all’ospedale napoletano degli Incurabili e più tardi professore alla facoltà di medicina, interessato all’anatomia patologica (aveva aperto un museo di anatomia patologica all’ospedale di S. Maria di Loreto) e autore di un noto Manuale di notomia topografica (Napoli 1840) e di un metodo diagnostico, incentrato sulla semeiotica fisica, più volte ricordato da Palasciano nelle sue opere.

 

Le vicende biografiche di Palasciano, e la misura del suo coinvolgimento nei moti risorgimentali e nell’opposizione al regime borbonico, sono difficili da ricostruire, superando l’aneddotica che viene ripresa da tutti i biografi recenti e che, concentrandosi in particolare sulla disputa di priorità nell’affermazione della neutralità dei feriti di guerra, rende difficile la ricostruzione precisa della sua carriera, in particolare tra gli anni ’40 e ’50. La difficoltà è ulteriormente accresciuta dal fatto che molti suoi lavori furono pubblicati e ripubblicati in diverse versioni; l’edizione postuma delle opere (Memorie e osservazioni, Napoli 1896), curata dalla moglie, la nobildonna russa Olga de Wavilow, contiene i suoi scritti più importanti ma senza l’indicazione della pubblicazione originale. Inoltre occorre tener conto dalla inesauribile vena polemica di Palasciano, che gli faceva pubblicare su giornali e gazzette interventi e scritti di occasione – interventi che, se letti attentamente, forniscono comunque indicazioni preziose sulla sua idea di chirurgia e medicina e sul suo impegno civile e di medico ospedaliero e militare.

 

Negli anni ’40 Palasciano si dedicò a ricerche sulle patologie e il trattamento chirurgico dei tessuti muscolari e tendinei e in particolare sulla tenotomia, pubblicando articoli su diversi periodici specializzati, come Il Severino: giornale medico-chirurgico. Nel settembre del 1845 partecipò al VII Congresso degli scienziati italiani, tenutosi a Napoli, presentando, il 25 settembre, nella sezione di chirurgia e anatomia, una memoria sulla legatura delle arterie e le sue conseguenze (Diario del VII congresso degli Scienziati Italiani, Napoli 1845, p. 53). Nel 1846 pubblicava sul Giornale di scienze mediche di Napoli (I, vol. 1, n. 3) le Storie di idrofobie curate infruttuosamente nell’ospedale degli incurabili di Napoli, un esame di diversi casi, ripresi dal principale giornale medico italiano del periodo, il milanese Annali universali di medicina (s. 3, 1846, vol. 23, f. 355, pp. 221-226).

 

Dopo aver constatato che l’idrofobia si tiene celata «malgrado le dissezioni anatomiche» (p. 222), e aver segnalato come sua costante complicazione l’elmintiasi gastroenterica, si scagliava contro un rimedio da ciarlatani, un vino medicato “del cav. Nouveau” che si diceva curasse questa patologia, e che si somministrava in ospedale.

 

Ancora nel 1846, entrato con il grado di alfiere medico nell’esercito borbonico, pubblicava a Napoli la Guida medica del soldato; nel 1847 a Lione veniva definito chirurgien de l’hôpital militaire du Sacrement de Naples. L’ospedale del Sacramento non era il più importante ospedale militare della città, ma secondo Salvatore De Renzi (Topografia e statistica medica della città di Napoli, Napoli 1845, p. 431) possedeva un anfitetaro anatomico. Per tutta la sua vita di chirurgo Palasciano restò legato al mondo ospedaliero, un fattore non secondario nell’orientarne le scelte intellettuali e di carriera.

 

Il 7 giugno 1847 presentava con successo una comunicazione alla Société de médecine de Lyon, da cui sembra di capire che avesse lavorato in questa città, e dove ricordava pezzi anatomici parigini del Musée Dupuytren (Du muscle rotateur externe de la jambe et de la luxation consécutive du genou en dehors et en arrière. Nouvelle méthode de traitement des ankyloses angulaires du genou. Mémoire adressé à la Société de médecine de Lyon, par le Dr F. Palasciano,… [Rapport fait à la Société de médecine de Lyon, dans sa séance du 5 juillet 1847, par une commission composée de MM. Bouchacourt et Bonnet, rapporteur.], Lyon 1847). Palasciano rimase in seguito legato ad Amedée Bonnet, chirurgo dell’Hôtel-Dieu di Lione, che aveva adottato il metodo del napoletano per la resezione del tendine e che nel 1858 avrebbe visitato il collega a Napoli e collaborato con lui al tavolo operatorio. Nello stesso anno 1847 rispondeva a un M. C. che sulla Gazette Médicale de Paris aveva criticato le condizioni igieniche di Napoli con una lettera proveniente appunto da Lione (De l’Hygiène à Naples. Lettre à M. le rédacteur en chef de la Gazette médicale de Paris [firma: F. Palasciano. Lyon, 5 août 1847], Paris 1847). Qui difendeva in generale lo stato dell’igiene nella propria città, e in particolare il governo borbonico dall’accusa di non favorire le innovazioni scientifiche, anzi di combatterle.

 

Nel settembre 1848, Messina, in rivolta, fu bombardata; ne seguirono violenti combattimenti, cui Palasciano assistette nella sua qualità di ufficiale medico. Il generale Carlo Filangieri, principe di Satriano, che aveva stroncato la rivolta, avrebbe pubblicamente redarguito Palasciano per aver curato indistintamente soldati e patrioti, deferendolo poi al tribunale di Guerra. Il chirurgo sarebbe stato rinchiuso nel carcere di Reggio Calabria, ma il re Ferdinando II, che lo conosceva di fama, lo avrebbe fatto condannare soltanto a un anno di carcere, scontato nella fortezza di Capua, anziché alla pena capitale (cfr. Cipolla 2013).

 

Nel 1850 Palasciano divenne chirurgo all’ospedale degli Incurabili di Napoli; l’anno successivo, consulente chirurgo dell’ospedale dell’Arciconfraternita del SS. Rosario di S. Rocco a Chiaia. Partecipò ai soccorsi alla popolazione di Melfi, colpita da un violento terremoto (14 agosto 1851) e ricevette la medaglia d’oro al merito civile (15 dicembre 1852). Medico ospedaliero, Palasciano si dedicava, come già detto, soprattutto all’ortopedia e in questo campo anche alla strumentaria. Nel 1853, alla Mostra industriale del Reale Istituto di Incoraggiamento, inaugurata il 30 maggio e voluta dalla monarchia come vetrina della produzione nazionale, presentava, ricavandone  un premio, uno strumento ortopedico; nel 1854 divenne primario chirurgo dell’ospedale degli Incurabili di Napoli; all’insegnamento in questa istituzione fanno con ogni probabilità riferimento le lezioni di ortopedia contenute in un manoscritto del Fondo Torraca, oggi nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

 

Non si dedicava solo all’ortopedia: la sua chirurgia generale era avanzata e si appoggiava su una approfondita conoscenza anatomica e anatomo-patologica. Palasciano si dimostrava anche attento alla dimensione internazionale. Nel 1858 discuteva al XXXIII Congresso dei naturalisti di Bonn, in Germania, uno dei suoi lavori più importanti, le Memorie ed osservazioni di chirurgia pratica sul restringimento e la gangrena dell’intestino ernioso e su la diagnosi e cura delle emorragie uterine, poi pubblicato, oltre che in diversi periodici, presso l’editore Gioia di Napoli.

 

Dedicate a Leonardo Santoro e ai professori Stefano Trinchera e Felice De Rensis, illustri chirurghi napoletani, Palasciano vi si richiama alla anatomia patologica come alla guida del chirurgo, che deve mantenere sangue freddo nell’operare; si giustifica per aver difeso ed elogiato la scuola chirurgica napoletana, citando Marco Aurelio Severino come capostipite di una chirurgia “eminentemente conservatrice”, ma anche efficace e interventista. Nei casi qui illustrati, infatti, Palasciano propende per l’intervento del chirurgo nella dilatazione dell’intestino, mentre la pratica clinica diffusa preferiva attendere che il fenomeno si verificasse spontaneamente, con esiti spesso letali. La storia della chirurgia non è dunque per lui separabile dalla pratica operativa moderna: oltre che a Severino, Palasciano si richiama a Antonio Scarpa.

 

Il 20 settembre 1858 leggeva a Karlsruhe, al XXXIV Congresso dei medici e naturalisti tedeschi, una memoria Della perforazione dell’unguis, come tecnica volta a individuare la distribuzione dei tumori alla base del cranio, e a suo dire consultava Rudolf Virchow sulla questione del cranio e della spina bifida, su cui aveva letto una memoria alla Regia Accademia medico-chirurgica di Napoli il 26 gennaio 1856 e su cui sarebbe tornato a scrivere negli anni ’70. Il 26 marzo 1859 leggeva alla Regia Accademia medico-chirurgica di Napoli un rapporto sul cefalotribo (strumento utilizzato per comprimere il capo del feto), ripercorrendone la storia e mettendo in luce il ruolo svolto nel suo sviluppo dal chirurgo Pietro Assalini. L’interesse per la storia, spesso interpretata in una chiave, tipica del periodo, di ‘rivendicazione nazionale’ (meridionale e/o italiana) è dimostrato anche dall’amicizia di Palasciano con Salvatore de Renzi, più volte citato e ricordato nei suoi lavori; Palasciano è invece estremamente freddo nei confronti di un altro protagonista della vita medica napoletana, Salvatore Tommasi.

 

Il 22 maggio 1859 Ferdinando II di Borbone moriva, e secondo alcune testimonianze Palasciano sarebbe stato chiamato in extremis per un consulto al suo capezzale. Tra la fine di settembre e i primi di ottobre 1860 partecipava, in qualità di chirurgo militare, alla battaglia del Volturno. Aveva già maturato la convinzione che ai medici militari dovesse essere garantito il diritto di curare liberamente i feriti sul campo di battaglia – partecipando così a una sensibilità crescente verso il tema, che si andava affermando in Europa in quegli anni a causa delle molte perdite subite dai combattenti su diversi teatri di guerra. Il  15 e il 28 aprile 1861 lesse due conferenze all’Accademia Pontaniana di Napoli sul tema della neutralità dei feriti di guerra, proponendo anche un premio di cento ducati (propri) da assegnare a uno scritto sull’argomento della cura delle ferite da arma da fuoco e sul principio della «neutralità dei combattenti feriti o gravemente infermi per tutto il tempo della cura» (Olga de Wavilow, Prefazione a F. Palasciano, Memorie, 1896, p. XII). Un altro discorso, sempre alla Pontaniana, fu pronunciato il 29 dicembre 1861; Palasciano vi proponeva che in caso di guerra i governi degli stati belligeranti si impegnassero in via preventiva alla restituzione reciproca dei prigionieri feriti dopo ogni combattimento, a far curare tutti i feriti intrasportabili sul luogo del combattimento, a fornire e rispettare un salvacondotto per il personale sanitario, all’impianto di un sistema di ‘vaglia’ interscambiabili per i rifornimenti e il matriale necessari alle cure, e infine, in caso di assedio, a consentire l’uscita degli assediati feriti per essere accolti da un terzo neutro o addirittura dagli assedianti stessi.

 

Nel giugno 1862 Garibaldi sbarcava a Palermo, e il 29 agosto veniva ferito all’Aspromonte; Palasciano visitò Garibaldi dopo una settimana dalla ferita, identificando il proiettile la cui presenza nella ferita era discussa; Garibaldi fu poi trasportato a Spezia, e nei mesi successivi si aprì una diatriba che presenta un notevole interesse anche per il confronto pubblico tra medici e chirurghi. Palasciano espresse sulla stampa la sua opinione sulla necessità dell’operazione; Garibaldi fu poi effettivamente operato, e una sua lettera di ringraziamento a Palasciano, da Pisa il 6 dicembre 1862, è conservata a Napoli al Museo di S. Martino.

 

Nel frattempo cresceva il movimento internazionale che avrebbe portato alla fondazione della Croce rossa. Henry Dunant pubblicò nel 1862 Un souvenir de Solférino, che avrebbe molto contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica; nel febbraio 1863, a Ginevra, si costituì una commissione che fu il primo nucleo della futura Croce rossa, e che convocò una conferenza per l’ottobre, alla quale parteciparono i rappresentanti di 14 paesi. Palasciano ne diede notizia in una relazione alla Pontaniana del 27 dicembre 1863, e e in una seconda il 28 agosto 1864, nelle quali sosteneva di essere felice che un congesso internazionale avesse accolto le sue idee; nell’agosto 1864 gli stati europei (non l’Austria) avevano infatti inviato delegati in Svizzera per lavorare a quella che sarebbe diventata la pima Convenzione di Ginevra, adottata il 22 agosto. Palasciano per primo, poi la sua vedova, e in seguito una storiografia interessata, se non compromessa con il regime fascista, si sarebbero nei decenni successivi adoperati a costruire atttorno a Palasciano una leggenda di vittima di una cospirazione internazionale volta ad avvolgere nel silenzio il contributo del chirurgo italiano – che non fu invitato in alcun modo, neppure dallo Stato italiano, a partecipare ai lavori sulla Convenzione – alla discussione.  Se è vero che le idee di Palasciano erano relativamente diffuse, anche a livello internazionale (si veda ad es. F. Palasciano, De la Neutralisation des blessés en temps de guerre et de ses conséquences thérapeutiques, Lyon 1864, dove si ricostruisce la storia del dibattito sulla neutralità dei feriti in guerra), anche grazie ai rapporti che egli aveva con il medico svizzero Louis Appia, tra i fondatori del Comitato della Croce rossa, in effetti egli appare isolato dal dibattito e dalle sue implicazioni di politica internazionale (una puntuale ricostruzione delle origini della Croce rossa italiana e del ruolo che Palasciano non vi svolse in Cipolla 2013).

 

Nel 1863 Palasciano fu nominato consulente ordinario di chirurgia presso l’ospedale Pellegrini di Napoli; nel 1865, professore di clinica chirurgica all’Università di Napoli. Nel marzo 1866 si dimetteva dall’Università, ma era stato costretto a farlo dal ministro Domenico Berti, d’accordo con il rettore Arcangelo Scacchi, dopo un lungo braccio di ferro, perché si rifiutava di far lezione e di operare nel nuovo ospedale del Gesù e Maria, che considerava inadatto alle esigenze didattiche e pericoloso per i pazienti, a causa della contiguità tra i reparti chirurgici e quelli per la cura delle malattie infettive: «la sala di operazione è il luogo più oscuro dello Spedale, e … la sala degli operati è esposta alle cadaveriche emanazioni, perché situata sulla sala e l’anfitetatro di notomia patologica. Mancano sale per gli apparecchi e per l’armamentario» (Memorie ed osservazioni, I, Napoli 1896, p. 86). La polemica fu lunga e a tratti porta le tracce della difficile personalità di Palasciano, ma è anche di grande interesse dal punto di vista della storia ospedaliera napoletana e italiana in un’epoca pre-microbiologica.

 

Oltre a occuparsi di ortopedia nelle sue applicazioni alla medicina militare (è del 1865 la Notice sur l’appareil brancard pour le traitement des fractures compliquées du tronc et des membres inférieurs et pour le transport des blessés de guerre, edita a Parigi), Palasciano si dedicò con grande impegno alla questione della sifilizzazione: sull’onda del successo della vaccinazione antivaiolosa, ci si convinse di poter ricavare dalle vacche un principio in grado di immunizzare (il termine è anacronistico: qui lo si utilizza per esigenze di chiarezza) il paziente dal contagio della sifilide e di altre malattie veneree. Il metodo, nel quale Palasciano riponeva molte speranze, era stato in realtà elaborato e diffuso in Italia e in Francia, ma non ebbe successo. Come testimoniano le memorie postume della moglie, Palasciano considerava questa una battaglia altrettanto importante di quella per l’affermazione della neutralità dei feriti di guerra. Al Congresso medico di Lione del 1864, richiamava infatti l’importanza di «studi dei contemporanei sopra vari problemi della chirurgia pratica, e segnatamente sulla vaccinazione animale contro la sifilide vaccinale, il metodo italiano di eterizzare, le cauterizzazioni successive nella cura dell’antrace e della infezione putrida, e le conseguenze terapeutiche della neutralità dei feriti in tempo di guerra» (Memorie ed Osservazioni, I, Napoli 1896, p. 4).

 

Nel 1866 iniziò a pubblicare un periodico; polemicamente, decise di gestirlo da solo: «Presso al termine della mia carriera scientifica intraprendendo la pubblicazione di un periodico non poteva dissimularmene i cattivi passi, i quali sono molti e profondi. Ad evitare i prevedibili, mi son posto solo alla compilazione del giornale e ne ho ben determinati gli scopi» (Memorie ed osservazioni, Napoli 1896, edizione postuma, p. 5). L’Archivio di chirurgia pratica uscì dal 1866 al 1877, presso diversi stampatori. Nel periodico Palasciano pubblicava materiale vario: osservazioni varie, lettere a colleghi illustri, materiale polemico.

 

Intraprese poi la carriera politica: deputato della X legislatura per la Sinistra, eletto il 5 maggio 1867 nel collegio di Cassino (e ancora nella XI e XII, sempre nello stesso collegio), continuò a occuparsi della questione dell’assistenza ai feriti: nel 1867, al Congresso della Associazione italiana di soccorso per i militari feriti, propose una modifica alla Convenzione di Ginevra; tornò a proporre, il 14 giugno 1867 (già deputato, in una lettera al presidente del Consiglio, Urbano Rattazzi) una estensione della Convenzione alle battaglie navali. Nell’agosto 1868 l’Italia non lo invitò a discutere delle riforme alla Convenzione; il Journal de Génève e altri organi di stampa se ne stupirono e Palasciano ne ricavò l’ennesima delusione. È del 1871 il lavoro Il diritto delle genti, lettera sulla Convenzione di Ginevra, edito a Napoli. Nel 1876, come assessore all’Igiene del Comune di Napoli, si occupò personalmente del problema dell’Annunziata, uno dei maggiori ospedali della città, opponendosi per ragioni igieniche a che fosse aperta una Maternità nel brefotrofio. Il 15 maggio 1876 fu nominato senatore del Regno, e giurò in giugno; ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, il 14 marzo 1879; membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione (dal 6 novembre 1881 al 10 maggio 1883), non smise di occuparsi anche di medicina, e nel 1883 fondò la Società italiana di chirurgia con i professori Pietro Loreta di Bologna e Enrico Bottini di Milano. Il 5 luglio 1891 fu nominato socio emerito dell’Accademia Pontaniana. Soffriva già di gravi disturbi mentali.

 

Morì a Napoli il 28 novembre 1891.

 

Palasciano fu un uomo colto, un collezionista d’arte, amico di musicisti, fra i quali il pianista Sigismund Thalberg, letterati, come Antonio Ranieri, artisti, come il pittore Edoardo Dalbono, che ospitava nella sua villa di Capodimonte. La sua collezione d’arte è conservata al Museo della Certosa di S. Martino, a Napoli; la sua biblioteca, comprendente anche numerosi libri antichi, è conservata a Capua, al Museo provinciale campano, ed è stata di recente catalogata. Secondo un biografo (Garofano Venosta) la sua collezione di ferri chirurgici fu donata all’ospedale civile di Capua.

 

 

da Dizionario Biografico Treccani